La violenza
è sempre mafiosa

Quarta Edizione

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La violenza è sempre mafiosa”. Comincia con questa frase la quarta edizione, 2018, di “A mano disarmata” e a pronunciarla è Paolo Butturini, segretario dell’omonima associazione. Una frase, quella d’apertura, che poi è anche il titolo dell’importante incontro – che inaugura la quarta edizione del “Forum internazionale dell’informazione contro le mafie” – che anche per quest’anno vede giornalisti, magistrati, scrittori e tanta gente comune confrontarsi su tematiche dall’indubbio interesse sociale.

Partendo da un’affermazione forte, come quella che esista un fattore comune alla violenza identificabile nel metodo e nelle dinamiche mafiose, gli interventi e le osservazioni che si susseguono in questo bel pomeriggio romano non possono essere da meno.

L’occasione è la presentazione del nuovo libro di Giuseppe Cesaro “Indifesa”, edito da La nave di Teseo, nel quale, attraverso il racconto della vita di Andrea (protagonista del romanzo) si affrontano temi delicati, che generano inevitabilmente un confronto. Per Cesaro la violenza è la negazione dell’esistenza e, nel suo libro, il protagonista, a causa della sua doppiezza, vive una vita di violenze fisiche, verbali e non verbali. Cesaro scrive che la vita di ogni essere umano si divide in quattro fasi: la prima, capire chi siamo; la seconda, accettarlo; la terza, comunicarlo; l’ultima, combattere affinché gli altri possano accettare chi siamo.

Alessandro Portelli porta la discussione sui temi che hanno contraddistinto la nostra attualità, in special modo quella politica, fra cui il caso del sindacalista immigrato in Italia ucciso a Rosarno da una fucilata. Secondo il professore de “La Sapienza” un tema centrale per molto tempo sarà quello sui confini e sull’identità di gruppo: “l’identità di un gruppo cambia continuamente” e aggiunge “chi ha paura di perdere la propria identità a causa dei flussi migratori, quest’identità non ce l’ha così tanto radicata in sé”.

Arriva poi il turno di Moni Ovadia, che, con la sua capacità straordinaria di ammaliare qualsiasi pubblico, legge un tratto struggente del libro e ragiona su come la violenza sia nata con la narrazione biblica delle vicende di Caino e Abele e da quel momento non si sia più interrotta. Aggiunge Ovadia che la normalità secondo lui è un termine che andrebbe abolito dai dizionari, in quanto troppe volte nella storia, con la giustificazione della ricerca della normalità, sono stati compiuti i crimini più efferati.

Poi, all’improvviso, entra in sala Federica Angeli, che viene salutata dal palco e invitata a salire. Un applauso tanto naturale quanto lungo e affettuoso accompagna Federica lungo tutto il percorso dal fondo della sala fino al microfono.

Questi per lei sono giorni non facilissimi: al processo contro il Clan Spada non si sono presentati i cittadini di Ostia per costituirsi come parte civile. Evidentemente contrariata, nei suoi profili social e sul giornale, la giornalista ha scritto parole durissime, parole di denuncia, come solo lei e forse pochi altri sanno fare.

L’associazione “A Mano disarmata” le consegna la tessera numero 1 e l’applauso scatta spontaneo. È uno di quei piccoli gesti che lei ha sempre chiesto ai suoi lettori, piccoli gesti che però fanno la differenza. Nel corso dell’aperitivo organizzato in suo onore si parla, ci si confronta e si realizza che un cambiamento è possibile, ma che con piccoli gesti, a mano disarmata appunto, ed evitando qualsiasi tipo di violenza si può costruire un futuro che valga la pena di essere vissuto.

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